TRACCE
Non c’è linea, non c’è modellazione, ci
sono solo contrasti. Quando il colore ha
raggiunto la sua più grande ricchezza, allora
la forma acquista la sua pienezza.
Paul Cézanne
Non lo sentite, non lo vedete? Odo io soltanto questa
melodia così meravigliosa e sommessa…
Richard Wagner, Tristano e Isolda
Mario Tassisto è uno dei più interessanti protagonisti nel panorama dell’attività pittorica dell’area casalese. Ma la sua figura non si inquadra facilmente: l’artista stesso non ha mai mancato di sottolineare il carattere individuale e solitario del suo percorso. Una posizione isolata, spesso fuori dalle tendenze alla moda, ma che non ha mancato di cimentarsi, elaborando prodotti di notevole valore, con l’estetica di uno dei più espliciti movimenti di rottura con la tradizione figurativa di tutti i tempi.
Un giorno qualcuno chiese a Pietro Morando, conosciutissimo pittore del territorio alessandrino, se, visto il valore artistico della sua arte, assai apprezzato da importanti critici, non gli convenisse lasciare Alessandria per trasferirsi in un’altra città, nella quale il suo talento sarebbe maggiormente emerso. In questo modo, avrebbe potuto avere anche più ampi riconoscimenti di pubblico e il suo nome non sarebbe rimasto esclusivamente relegato al contesto provinciale nel quale agiva da anni. Si dice che, un po’ cinematograficamente, accese l’ennesima sigaretta e rispose che era meglio essere re a Alessandria che uno dei tanti “pittori apprezzati” in giro per il mondo. È chiaro che si tratta di un’esagerazione e che le ragioni di una scelta non possono essere limitate a quanto detto. Bisogna aggiungere che Morando espose in numerose gallerie in Italia e all’estero e la sua pittura non passò inosservata, ma questo aneddoto ci serve per capire lo spirito di alcuni artisti che hanno come punto fermo nel loro cammino la volontà di non subire troppi condizionamenti e, in un certo senso, tutelare prima di tutto la propria libertà espressiva.
Questa riflessione potrebbe essere utilizzata per spiegare anche le scelte operate a suo tempo da Mario Tassisto. Pure lui fu presente con le sue opere in numerose città, molti ricordano ancora le sue mostre a Torino e Milano, insieme a quelle della fine degli anni Cinquanta in Germania, ma il peso di un possibile condizionamento determinato da critica e galleristi, condusse il pittore casalese a decidere di isolarsi in un ambito che, agli occhi di molti, poteva risultare assai ristretto, ma che gli avrebbe garantito quella pace senza la quale gli sarebbero probabilmente mancati alcuni, per lui fondamentali, motivi di ispirazione poetica.
Tassisto fu un pittore poliedrico, difficilmente riconducibile a un unico modello stilistico. Egli si ispirava a un intuito di non poco conto, era un acuto osservatore della realtà e traeva ispirazione da modelli precedenti rielaborandone gli elementi chiave. Ci sono dei particolari stilemici che attraversano tutta la sua arte, come, per esempio, l’intensità primordiale del colore che si raggruma in materia. Probabilmente, egli risulta più affascinante e completo nella sua produzione informale, nella quale offre esiti di stupefacente modernità, ma si afferma pure una precisa peculiarità della sua arte anche nell’ambito figurativo, sicuramente più tradizionale come impostazione, ma proposto con una pennellata espressionista che si addentra a indagare interessanti elementi simbolici.
LE MASCHERE e I NUDI
Sono opere caratterizzate da una ricerca severa e rigorosa, essenziali nel loro rapporto con lo spazio. Si comprende un’influenza della pittura metafisica, con una particolare attenzione all’insegnamento di Casorati. Il tutto è però interpretato in termini estremamente originali. In questi lavori lo spazio della scena, impostato con un taglio prospettico dall’alto verso il basso è spesso vuoto, con pochi elementi che scandiscono la tridimensionalità riprodotta. La rigidità delle figure illuminate da luci che accentuano il discorso delle ombre è determinata da una pittura sintetica, immersa in una tonalità brumosa, che impedisce di definire esattamente i liquidi contorni dei suoi soggetti. Le figure umane, in particolare, sono plasticamente compatte, con un carattere che si richiama a un certo classicismo arcaizzante. Le scene sono desolate, immerse in una solitudine malinconica, con i corpi isolati nella loro più concreta dimensione esistenziale. In questo caso si può parlare di pittura realistico/metafisica, con un richiamo allegorico sul tema della “vanitas”. A tal proposito, le maschere risultano estremamente comprensibili, con i loro occhi vuoti, i loro non sguardi enigmatici, pronti a esaltare un mondo poetico particolare, un luogo più mentale che fisico dove si formano le immagini della pittura di Tassisto. Da questa pittura emerge un equilibrio che si estende a tutte le componenti del suo linguaggio. Il dipinto è uno spazio compositivo che si basa su schemi razionalmente controllati, che difficilmente entrano a contatto con la realtà esterna e la quotidianità.
LE NATURE MORTE
Osservando i dipinti che possono essere ascritti a questo genere, si percepisce immediatamente l’ammirazione che Tassisto aveva nei confronti di Cézanne. Ciò si esplicita da una parte, attraverso la semplicità compositiva degli apparati, dall’altra, attraverso la loro complessità cromatica. Ciò che Tassisto rappresenta è assolutamente equilibrato, adattato alle esigenze delle singole forme. Il colore attraversa i quadri dando un senso di stabilità. I contrasti tra le sfumature si attenuano nel confondersi di cromie estremamente allargate, con lenti passaggi tra la luce e l’ombra. Ogni singolo pigmento si sviluppa in proprie tonalità, profonde e vellutate. Il colore passa da riflessi trasparenti a punti più carichi di pigmentazione, rimanendo sempre di una consistenza solida e materica. Tassisto colloca come imprescindibile la forma delle superfici, la conformazione delle cose, per dare loro una nuova struttura, indipendentemente dall’oggetto, mediante il colore, soprattutto grazie a trasparenze e opacità. Per delimitare gli oggetti Tassisto ha tratto delle linee che richiudono queste forme. Le sue nature morte sono modellate plasticamente, con sfondi piani, omogenei, contro cui la Natura morta si può stagliare calma, come in analoghi dipinti di altre epoche. L’osservatore entra in queste forme comprendendo l’armonia dei dipinti, percependo che l’atmosfera delle cose è data dal particolare uso delle gradazioni cromatiche, stese in modo leggero, liquido, ma senza trascurare nulla.
I PAESAGGI E GLI INTERNI
Pitture di interni quasi claustrofobiche e paesaggi che quasi stordiscono. Ecco in sintesi gli esiti del realismo descrittivo di Tassisto. Anche in questo caso appaiono evidenti delle citazioni relative al post-impressionismo francese, in particolare a Van Gogh e ancora a Cézanne. Anche in questo caso la tavolozza risulta densa, con colori che cercano di descrivere le forme. Le aperture prospettiche rimandano a visioni intimiste con piccoli inserimenti poetici. È l’affermazione della dimensione del quotidiano, in aperto contrasto con la trascendenza delle maschere e dei nudi. Sono immagini che vivono all’interno della propria esistenza, proposte in modo morbido con toni che si integrano esaltando un soggetto principale del dipinto: un viale alberato, un letto, una strada. Paesaggi armoniosi, esplicitazione di sostanziali morbidezze. Sono forse i dipinti che più di altri evidenziano l’uomo Tassisto, individuando gli aspetti salienti della sua esistenza.
L’INFORMALE
Un cospicuo gruppo di opere di Mario Tassisto sono da considerare a tutti gli effetti informali. Sono opere realizzate tra la fine degli anni Cinquanta e i primi anni del decennio successivo, quando questa fase della Storia dell’Arte stava per esaurire – o aveva già esaurito – il suo carattere rivoluzionario. Per questo, non so fino a che punto, a proposito di questa parte fondamentale del lavoro di Tassisto, sia possibile affermare quanto la sua pittura sia stata generata autonomamente o sia frutto di rielaborazione, sarebbe un discorso azzardato e ingiusto, soprattutto nei confronti dell’artista. Ciò che egli produce, è però bello e originale. Mario Tassisto si presenta dunque come un interprete della poetica informale, lascia spazio alla sua creatività condizionando il soggetto al gesto, con una lucidità particolare che viaggia su un doppio binario: da una parte attinge alla forza della materia, dall’altra c’è l’esigenza di inciderla, di darle un valore figurale che emerge oggettivamente durante l’osservazione dei quadri. Questa duplicità sembra essere la chiave per seguire l’artista nella sua produzione. Tassisto dà alla materia un valore universale, un valore che le permette di impregnare tutto di sé, che le permette di pervadere ogni individualità, senza badare se appartenga al mondo vivente oppure no. La materia non resta mai da sola, ma, contrariamente a altri artisti, non ha bisogno di trasformarsi in figure cui vengono veicolate le nozioni di uomo, donna, animale, paesaggio. È un universo primario che ribolle come una lava; su di esso ecco apparire questi conglomerati privi di riconoscibilità figurale, condotti con una grammatica che riporta all’esaltazione del movimento primordiale, che emerge attraverso un segno animato, un segno che nasconde la compresenza di materia e figura.
Tassisto non cerca una figurazione, la sua rappresentazione tende a dare alla natura un riconoscimento demiurgico. Ma l’opera deve anche risultare un’entità autosufficiente e in sé compiuta. Dall’interno di questi straordinari lavori si sviluppano tensioni estroflessive, come grumi tentacolari che si muovono seguendo un percorso centrifugo che intende spezzare la centralità del quadro come medium pittorico. È una liberazione di materia all’interno di una poetica essenzialmente spaziale.
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