martedì 4 dicembre 2012

ridisegnare napoleone a ovada

CELEBRARE IL MITO[1].
Se tutti fanno qualcosa nello stesso modo,
non bisogna per questo invitare gli altri a imi-
tarli. Ciò che ogni uomo ha in sé, può e deve
 venire espresso secondo la maniera a lui propria,
chi si guarda sempre paurosamente attorno, a
destra e a sinistra, per vedere come gli altri
agiscono, non possiede in sé tesori segreti.
Caspar David Friedrich, Scritti sull’arte.

Non è certamente facile confrontarsi oggi con la figura di Napoleone, con il rischio di banalizzare la vicenda pubblica e privata di un personaggio così complesso. Sono numerosi gli uomini illustri che, nel bene e nel male, sono stati presi in considerazione dalla storia dell’Arte, con letture iconografiche diversissime. Al pari degli altri “grandi”, anche Napoleone si propone con una sua specificità.
Se si dovesse cercare un perché del fatto che questa mostra sia stata incentrata sulla lettura del mito di Napoleone, forse, un po’ ironicamente, si può dire perché egli fu un difensore delle arti. Anzi, per giustificare questa affermazione è opportuno ricordare le parole che l’Imperatore pronunciò il 5 marzo 1808, rivolgendosi ai membri della classe di Belle Arti nell’Istituto di Francia: “Atene e Roma sono ancora celebri per i loro successi nelle arti; l’Italia, i cui popoli mi sono cari per tanti titoli si è distinta per prima fra le nazioni moderne. Io ho a cuore di vedere gli artisti francesi cancellare la gloria di Atene e dell’Italia. Sta a voi realizzare così belle speranze. Potete contare sulla mia protezione.”[2]
In effetti gli sta molto a cuore che il prestigio dell’Impero sia esaltato dea ogni manifestazione dello spirito, pertanto la formazione di un gruppo di intellettuali che siano capaci di glorificare il regime è una questione primaria. Pittori e scultori devono adattarsi alle “direttive” che vengono dall’alto. Viant Denon, il consigliere artistico di Bonaparte, è colui che designa chi ha il compito di commemorare il regime, alla pari di David che addirittura, dopo il passato rivoluzionario, riceverà per il suo impegno celebrativo la Lègion d’Honneur e sarà il più importante artista al servizio di Napoleone, del quale realizzò quei ritratti che ne hanno immortalato per sempre l’effige.
La ritrattistica di epoca napoleonica fu certamente encomiastica e quasi mai immune a quello spirito di adulazione che le è proprio. Tuttavia, conferendo ai modelli un’accentuata carica di eleganza, di grandiosità, di vigore, essa fissò immagini indimenticabili di una società compiaciuta di se stessa, un po’ presuntuosa e, nello stesso tempo, intinta di una sottile, incancellabile, ombra di volgarità. Lo stesso sovrano, nella rappresentazione che gli fu offerta in gioventù, fu coperto di un’aura capace di darli una credibile eroicizzazione. Il già citato David disse di lui: “che bella testa che ha! È pura, è grande, è bella come l’antico!... È questo un uomo al quale si sarebbero alzati altari nell’antichità… Bonaparte è il mio eroe!”[3]. Il pittore aveva di fronte l’immagine del vincitore della Campagna d’Italia, immortalato poco dopo il suo passaggio  nei territori dell’alessandrino. È importante questo ritratto incompiuto, perché fu l’unico per il quale il condottiero posò. Un testimone racconta che in quell’occasione Napoleone indossava una semplice rendigote blu col colletto alto che ne metteva in risalto il volto giallastro e magro, abbellito dalla disposizione artificiale della luce dello studio che ne accentuava le forme grandi e ben marcate. Se ne deduce che l’impostazione cui ci si riferiva era romantica, intrisa di esaltazione letteraria[4].
La posizione degli artisti promotori della propaganda napoleonica, poteva facilmente sconfinare nell’allegoria o nella divinizzazione vera e propria. Andrea Appiani aveva affrescato a Palazzo Reale di Milano a monocromo le principali battaglie napoleoniche, e, a pieni colori, un’apoteosi dell’Imperatore, presentato come un nuovo Cesare, su un trono antico sorretto da vittorie alate e circondato da geni con corone. Napoleone è a torso nudo, la testa cinta di alloro, in mano lo scettro e l’orbe[5]. In composizioni del genere, non più realistiche, occasionalmente, era data all’artista la facoltà di introdurre creature mitologiche al fine di realizzare il suo proposito. Sappiamo che Napoleone non amasse questo tipo di celebrazione, preferendo una più schietta raffigurazione di sé. Per lo stesso motivo non permise che fosse esposta al pubblico la statua di Canova in cui appare totalmente nudo, eroicizzato non come uomo della sua epoca ma come “imperator” dell’antichità[6].
Nei quadri di battaglia, spesso sfugge agli artisti dell’epoca un oggettivo equilibrio. La guerra è una ridda di orrori, è un momento estremamente cruento. Lasciando da parte le visioni idealizzate, qualcuno, durante la descrizione dello scontro armato,  si lascia trascinare da una sensibilità morbosa, estetizzante, ossessiva, concedendo spazio al particolare orrido o crudele. Gli effetti macabri, i contrasti raccapriccianti infiammano l’immaginazione di chi osserva. Certi dipinti, però, hanno il pregio di offrire spunti validi per capire la realtà delle decine di inutili battaglie, e evitano sempre di far comparire l’immagine del protagonista assoluto di quell’avvenimento, al quale sono invece preferite delle descrizione più esaltanti di taumaturgo, o di trionfatore, attraverso la raffigurazione di un Napoleone impavido, generoso e clemente che in seguito sarà largamente presente nella produzione pittorica.
L’arte contemporanea ha un po’ dimenticato la rappresentazione di Napoleone. Quando ciò è avvenuto, l’Imperatore, come molti altri famosi condottieri, è stato reinterpretato in chiave assai meno eroica, cercando di evidenziare i lati più veritieri e meno idealizzati della sua personalità. Questa tendenza è peraltro leggibile anche nelle opere che compongono questa rassegna. Gli artisti che sono stati coinvolti in questo progetto non hanno dovuto rispondere a alcun condizionamento:  a loro è stato chiesto soltanto di realizzare liberamente un’opera che avesse al centro questo straordinario personaggio e il suo mito, la cui apparizione nella Storia, ancora oggi, influenza il nostro modo di essere. Se Napoleone era in grado con la sua personalità di indirizzare le scelte estetiche dell’arte del suo tempo, a distanza di circa due secoli, sarebbe assurdo affermare che è ancora così. Ma il modello che venne imposto dal carisma imperiale in quel frangente, sembra non essere dimenticato, e è ancora individuabile nelle scelte di alcuni artisti in mostra. Si nota il ricorso a un’iconografia consolidata, che rilegge gli archetipi realizzati da David o Ingres, e che si rifà a posizioni standardizzate nella rappresentazione del condottiero. Si cerca talvolta nella caricatura una risposta ironica al tema. È dunque così difficile schiodarsi da una tradizione stabile che non ha fatto altro che ribadire l’idea del Napoleone eroe a tutti i costi? La particolarità di questa rassegna, al di là delle interpretazioni che possono essere date ai singoli contributi artistici, ci offre l’occasione per comprendere sicuramente almeno una cosa, ossia, come il messaggio dei classici continui a influenzare il nostro modo di lavorare. Ovviamente non si tratta di un limite dell’arte contemporanea, anzi, tutto ciò dovrebbe essere percepito come qualcosa di estremamente positivo. Si cita e si rielabora, seguendo un percorso estremamente personale di indubbio valore. Ma tutta questa fedeltà ai modelli degli artisti napoleonici, forse,  avviene solo perché ci si trova di fronte a Napoleone. Per questo, dunque,  Napoleone è un mito, per questo, nonostante le migliaia di morti, i feriti, i mutilati, la ferocia di un tempo, la violenza, l’angoscia, egli ci appare eternato nel nostro immaginario. Mito, infatti, è qualcosa di esemplare, di idealizzato, qualcosa che travalica i confini della realtà penetrando a fondo nel fantastico. Napoleone ha polarizzato le aspirazioni di un’epoca, diventandone simbolo, e questa sua azione, nonostante tutto, ci condiziona ancora.



[1] Si tratta del medesimo scritto del catalogo pubblicato in occasione della mostra IL DI-SEGNO DI NAPOLEONE, tenuta a Serravalle Scrivia nelle Sale Espositive Comunali d’arte moderna e contemporanea, dal 15 giugno all’8 luglio 2012.
[2] Maria Luisa Rizzati, Le Belle Arti, in: Napoleone, Mondadori, Milano, 1971.
[3] Marco Fabio Apolloni, Napoleone e le arti, Giunti, Firenze, 2004.
[4] Marcel Brion, La Pittura romantica, Istituto italiano d’arti grafiche, Bergamo, 1968.
[5] Alessandra Zanchi, Andrea Appiani,Clueb, Bologna, 1995.
[6] Mario Praz, Gusto Neoclassico, Rizzoli, Milano, 1990.

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